Intervento in adolescenza

La consulenza può essere l’occasione concreta per il ragazzo per avere uno spazio personale e intimo dove raccontarsi e capire il proprio mondo interno con l’aiuto di un adulto competente e esterno alle dinamiche familiari. Il canale comunicativo preferenziale nell’ascolto di un adolescente è la comunicazione verbale, ossia il colloquio anche se pure in questo caso la comunicazione non verbale dà molte informazioni. Assumono particolare rilevanza, nell’ascolto di un adolescente, anche tutti quegli atti riguardanti la relazione che si instaura con lo psicologo quali: il mantenere un impegno preso, la puntualità, la costanza nel partecipare alle sedute per citarne alcuni.

Alcune tematiche che portano l’adolescente a stare male, spesso senza essere riconosciuto, e quindi poi rappresentano motivo di consulenza:

Adolescenza come età di passaggio. L’adolescente è capace di concentrarsi sulla sua vita interiore. Il reale diventa possibile, gli orizzonti si allargano e nello stesso tempo il certo diventa incerto. Questo fa sì che gli interrogativi a cui sente di dover rispondere siano molti ed urgenti. La percezione del mondo adulto che sino ad ora era stata fonte di sicurezza e di appoggio, trova nuove valenze. Il ragazzo si accorge delle lacune dei genitori, si persuade che non hanno tutte le risposte. Quelle che prima erano le figure di riferimento devono essere confutate. L’adolescente ha l’esigenza di mettere in discussione tutto e tutti. Spesso vive il rapporto con gli adulti in modo competitivo: critica i loro comportamenti, sente che lui farà scelte diverse e migliori. Gli adulti possono cominciare ad essere visti come detentori di potere, coloro che impongono regole scomode e faticose.

La sviluppo della sessualità durante l’adolescenza è preponderante. Durante l’adolescenza infatti si completa la maturazione sessuale e si evidenziano in modo definitivo i caratteri sessuali secondari. Nelle ragazze intorno ai 10-11 anni un momento particolarmente importante è quello dell’arrivo delle mestruazioni. Questo evento può essere vissuto con reazioni di rifiuto e negazione, o come segnale a volte lungamente atteso, di progresso e conquista dell’autonomia. Lo sviluppo sessuale nei maschi è più lungo e tardivo. Esistono ampie variazioni individuali, ma in genere avviene intorno ai 12-13 anni. Molti giovani adolescenti hanno i primi contatti con la pratica della masturbazione, attività sessuale normale a questa età, ma spesso vissuta con forte ansietà a causa di atteggiamenti sociali e familiari. Durante questa fase del ciclo vitale cambia anche l’atteggiamento verso l’altro sesso. Il contatto con l’altro è capace di scatenare ansie e timori; non è infrequente ad esempio la paura di essere rifiutati. L’esperienza con l’altro sesso può costituire una dolorosa delusione. Essa consiste spesso in una semplice soddisfazione fisica non accompagnata da fiducia e tenerezza. Può generare sensazioni di solitudine e lontananza. Ciò rafforza la dipendenza dal gruppo di compagni dello stesso sesso che sembra una protezione contro l’intimità eterosessuale.

Alla conquista dell’identità e dell’autonomia personale. Nell’adolescenza c’è una ricerca di modelli al di fuori della famiglia, modelli con i quali misurarsi. Si scelgono le persone con cui stare, si gestiscono i conflitti, si affrontano problemi da soli o con gli amici, si deve badare a sé stessi. Non c’è nessun adulto che dice o ricorda le regole: ora devono venire da dentro. Scegliere liberamente i propri confini e i limiti, escludendo la famiglia. In adolescenza iniziano le prime responsabilità, ad esempio bisogna farsi rispettare nel proprio ambiente, non prendersela troppo per gli insuccessi, avere un senso dell’ironia, conquistare la fiducia degli altri. Si inizia a pensare al futuro, si è chiamati a scegliere la propria istruzione, “cosa si vuol fare da grandi” in termini realistici. Si deve essere in grado di capire quali sono le proprie abilità per sfruttarle. Purtroppo, i ragazzi svogliati e annoiati, che non fanno molti sforzi per ottenere dei risultati, potrebbero sperimentare di non avere capacità nel controllare l’ambiente, richiedere il supporto degli adulti più di quanto sia considerato normale per l’età.

E le emozioni? L’ansia e la depressione sono problemi che riguardano anche gli adolescenti. Essere preoccupati per come si è, non piacersi, l’insicurezza e i desideri di fuga sono fonte di grande sofferenza. Inoltre, l’adolescente ha minori abilità, rispetto all’adulto, di controllare le proprie emozioni, di non “prendersela troppo”, ha meno possibilità di scegliere ambienti in cui è a suo agio. Essere sopraffatti da emozioni negative e non avere strumenti di compensazione porta alla chiusura in sé e, in alcuni casi, può essere l’inizio di disturbi psicologici.

A che cosa può servire andare da uno psicologo per un adolescente?

Se è l'adolescente che chiede una consulenza psicologica tra i temi di sofferenza (non sto parlando di diagnosi ma di segnali importanti di stati di sofferenza, il cui senso va compreso caso per caso) ci possono essere:

Crisi rispetto alla propria identità (chi sono?, cosa provo?, non mi riconosco più?)
Crisi rispetto al proprio progetto di vita (non so in che direzione andare, non so cosa voglio)
Stati di isolamento (sono completamente chiuso in me stesso, non me la sento di uscire di casa, tutto mi terrorizza)
Disagio nelle relazioni con i coetanei (sono timidissimo, mi arrabbio con tutti, non conto per nessuno; nessuno mi ascolta, non riesco a farmi degli amici, non sto più bene con gli amici di sempre)
Sofferenze in campo amoroso (sono stato lasciato, nessuna mi vuole, ho il terrore del sesso)
Disagio rispetto al proprio corpo (non mi piaccio per nulla, mi sento grasso, ho questo difetto che non riesco ad accettare, sono cambiato e non mi accetto come sono ora)
Dubbi sulla propria identità sessuale (non so se sono attratto dalle ragazze o dai ragazzi, faccio pensieri su quelli del mio stesso sesso, ho paura di essere gay, ho paura di essere lesbica)
Tensioni con i genitori (non mi capiscono, non sanno quello di cui ho bisogno, mi trattano come un bambino, invadono i miei spazi, non mi lasciano crescere, non li sopporto più)
Problemi a scuola (non mi importa nulla della scuola, non mi piace quello che faccio, non riesco a dimostrare che sono capace, non riesco a concentrarmi, sembro stupido)
Angosce e paure (ho il terrore di stare da solo, mi blocco, ho il terrore dei giudizi)
Ossessioni (non riesco a non pensare a queste cose che mi vengono in mente senza che io possa controllarle, mi lavo le mani i continuazione, accendo e spengo la luce in continuazione)
Pensieri autodistruttivi (ho pensato di suicidarmi, penso di farmi del male)
Gesti autodistruttivi (più evidenti come i tentati suicidi o più sfumati come l'anoressia) (ho tentato di uccidermi, mi ferisco, non mangio, vomito di proposito, sono spericolato, mi faccio, bevo)
Somatizzazioni ossia stati di malessere fisico per cui è stata constatata (ad esempio dal medico curante, dal pediatra o dallo specialista) l'assenza di una causa organica alla base (ho sempre mal di testa, mi brucia lo stomaco, mi si irrita la pelle)
Rabbia (sono pieno di rabbia, sovente perdo il controllo, odio tutti, salto su come una molla).

 


 

Se sono i genitori che chiedono una consulenza psicologica per il figlio adolescente tra i temi di sofferenza ci possono essere molte delle problematiche appena segnalate, naturalmente con la differenza di ottica che possono avere i genitori rispetto al diretto interessato. É opportuno distinguere quattro situazioni:

Il figlio adolescente sa della richiesta dei genitori allo psicologo ed è d'accordo ad incontrarlo. In questo caso i genitori e il ragazzo sono concordi quantomeno rispetto al fatto che ci sia uno stato di crisi da prendere in considerazione; poi può ovviamente differire il modo in cui leggono la situazione.

Il figlio adolescente sa della richiesta dei genitori allo psicologo e non è contrario ad incontrarlo anche se ritiene che non vi sia nessuna problematica di tipo psicologico che lo riguardi. In questo caso può essere spinto ad incontrare comunque lo psicologo per semplice curiosità o per capire cosa pensino i genitori di lui, come mai lo vedano in modo così diverso da come si percepisce lui. Secondo quanto emergerà nel corso del/dei primo/i colloquio/i, l'adolescente individuerà con lo psicologo degli aspetti su cui deciderà che valga la pena soffermarsi, oppure no.

Il figlio adolescente non sa della richiesta dei genitori allo psicologo. In tale caso è importante che i genitori arrivino in qualche modo a parlargliene, spiegandogli la loro preoccupazione. Questo può poi far approdare la domanda rivolta al clinico alla prima situazione, alla seconda o viceversa alla quarta.

Il figlio adolescente sa della richiesta dei genitori allo psicologo ma non è assolutamente disponibile ad incontrarlo. In tale caso, il tipo di lavoro potrà essere un a consulenza ai genitori rispetto al loro rapporto con il figlio. Ciò non esclude che in futuro il ragazzo possa cambiare posizione e decidere di incontrare lo psicologo. In particolare nel caso di una differenza di vedute tra genitori e figlio, può essere che i genitori si allarmino e si preoccupino per una situazione che nulla ha in sé di patologico ma che è più connessa alla difficoltà di padre e madre di confrontarsi con il processo di crescita del proprio figlio (figlio che man mano è meno sotto il loro controllo e la loro sfera di influenza, che non possono più proteggere come facevano quando era bambino). Oppure viceversa la differenza di visione tra genitori e figlio rispetto alla situazione del ragazzo può essere il segno di una giusta preoccupazione di padre e madre che si accompagna ad una significativa difficoltà per il ragazzo di riconoscere il proprio stato di disagio